CHI SIAMO
CHI SIAMO
"Tradizione & Innovazione"
PANTALEO
PICCINNO
Pantaleo Piccinno, imprenditore agricolo professionale, laureato in ingegneria, e sua moglie Rita Esposito, laureata in scienze motorie, rappresentano una generazione di operatori coscienti che, il coniugare la tradizione con l’innovazione tecnologica, sia una strada obbligata per dare un futuro alla agricoltura.
Pantaleo e Rita, nel 2002, vengono chiamati a guidare l’azienda di famiglia Piccinno, trasferendo nell’attività imprenditoriale agricola tante delle conoscenze maturate nelle precedenti esperienze lavorative e mettendo in gioco le proprie competenze, non senza una buona dose di coraggio!
Gli aspetti relativi alla produzione, ai lavori di ristrutturazione, alla gestione in toto, sono di
competenza dell’ingegnere.
La parte più “creativa” spetta a Rita: la sezione ristorazione dell’agriturismo, la didattica, lo
spaccio, le pubbliche relazioni.
RITA
ESPOSITO
L’azienda agricola è situata in provincia di Lecce e si compone di circa 270 ettari; gli indirizzi colturali sono prevalentemente olivicolo con 30.000 piante, ma anche cerealicolo ed orticolo. E’ condotta con il metodo dell’agricoltura biologica sin dal 1996.
Negli ultimi anni l’impegno si è fortemente indirizzato nella chiusura della filiera e nello sviluppo delle attività connesse.
Viene realizzato quindi un nuovo centro aziendale in Caprarica di Lecce, ristrutturando un antica masseria, perfezionando l’offerta turistica con la ristorazione e il pernotto -100 coperti e 20 camere-
Viene installato il nuovo frantoio oleario, in grado di conseguire standard igienici e qualitativi elevatissimi e corredato da spazi per l’attività didattica. Viene installato un piccolo mulino per la molitura dei propri cereali (grano duro e farro).
In agro di Campi Salentina viene acquistato un terreno di vitigno Negramaro, dal quale si ottiene un ottimo vino sia per l’uso ristorativo che per la vendita nello spaccio aziendale.
Il centro è stato reso autonomo dal punto di vista energetico essendo dotato di impianto fotovoltaico di 180 kwp e impianto di riscaldamento con caldaia alimentata a nocciolino (biocombustibile ricavato dall’essiccazione della sansa, prodotto di scarto della lavorazione delle olive).
Consegue la certificazione DNV UNI EN ISO 9001 e 14001.
Aderisce all’associazione Coldiretti, entrando nella rete nazionale degli agriturismi di “Campagna Amica” e delle “Fattorie del Sole”.
E’ presente nelle principali guide di settore (Slow Food, Gambero rosso…).
Ha collezionato svariati premi ai concorsi di settore.
L’AZIENDA AGRICOLA – dalla storia ad oggi -
L'origine storico/etimologica della Masseria Stali
La prima ipotesi è che stali possa essere una delle tante parole che derivano da stabulum, utilizzate in tutta l’area mediterranea per la denominazione di luoghi o di edifici. Ma il destino delle parole non è mai lineare e la loro evoluzione semantica e fonetica, pur partendo da radici comuni, può prendere percorsi diversi. E così, oggi la parola che più facilmente si associa a stabulum, non è “stabile”, ma stalla, che per giungere sino a noi ha dovuto compiere un lungo percorso, passando per le lingue germaniche , e facendosi precedere o accompagnare da stàvol, da cui comunque si distingue, e poi anche da stali, che si incontra nelle Venezie, come plurale di stàvol.
Stalla, stàvol e stali sono parole vicinissime per la loro comune antica derivazione, ma molto diverse, per la semantica, per la diffusione e persino per l’impianto glottologico.
Stalla è parole femminile (con plurale: stalle). Stali invece è maschile ed invariante, potendosi perciò adoperare tanto per il singolare quanto per il plurale. E nella fascia dolomitica stali si interscambia con stàvol, che ancora sopravvive, ma viene adoperato soltanto al singolare, giacché al plurale diventava perlappunto stali.
E se la stalla era - ed è - notoriamente destinata agli animali, lo stàvol o gli stali sono dei ricoveri, delle casette destinate agli uomini o, nell’antico Salento, degli alloggi provvisori.
Fra tutte queste parole, la più fortunata è sicuramente stàvolo, che nel friulano sta ad indicare una piccola dimora, una residenza estiva di montagna, con stalla e fienile. E poi anche stali, che nel Salento è il nome di una restaurata Masseria diventata oggi un agriturismo.
Quasi sicuramente l’attuale Masseria deve il suo nome alla sua origine, da collocare fra il X e il XII secolo, quando nell’attuale sito sorgeva un insediamento destinato alla sosta di cavalli, cavalieri e carri adibiti al trasporto di persone e di cose. Si trattava di una vera e propria “stazione di posta”, con una specifica configurazione, opportunamente ubicata all’intersezione di alcuni assi viari, di cui almeno uno di primario rilievo.
In epoca romana le stazioni di posta potevano avere tre possibili denominazioni. Si potevano chiamare “mutationes”, se consentivano soltanto il cambio dei cavalli o, al più, un breve riparo per le persone; o invece “mensiones” se erano attrezzate per offrire anche la custodia di carri e cavalli, e prendevano il nome di “stationes” (al singolare: “statio”) quando vi si poteva chiedere ed ottenere anche il servizio di
pernottamento per i viaggiatori.
Si dà il caso che anche la parola statio ha avuto una sua evoluzione, diventando nel tempo stallum ovvero, in lingua greca, stalei (Σταλi) e, più tardi, in griko, postalium e quindi, per mutazioni successive, stali.
C’è dunque un intreccio di fatti semantici, linguisti ed antropologico culturali che spingono a credere che stali, venga da stabulum e/o da statio, traducendo comunque, nell’uno e nell’altro caso, l’idea dell’accogliere, del dare riparo, dell’assicurare ospitalità.
Abbiamo motivo di credere che dove oggi sorge la Masseria Stali, un tempo ci fosse davvero una stazione di posta ovvero uno o più edifici disposti a corte attorno ad una o più cisterne, scavate nella roccia affiorante.
Non sarà un caso se la strada di accesso si denomina ancora oggi “via della cisterna vecchia”.
Si era a ridosso di una delle principali strade romane edificate nel Salento e più esattamente ai margini della Strada Traiana Calabra, realizzata dall’imperatore Traiano fra il I e il II sec. d.c. per collegare il porto di Otranto a quello di Brindisi, passando sulle serre , per mantenersi lontana dalle zone paludose (e malariche)
della costa . E a Caprarica, sotto il culmine della serra di Galugnano, passava anche la strada che da Roca correva verso Soleto, per poi raggiungere Neretum (Nardò) e l’attuale Santa Caterina. Eravamo perciò all’incrocio di due assi viari, uno disposto, grosso modo, da Sud verso Nord e l’altro da Est verso Ovest. E qui, presumibilmente andavano ad intersecarsi anche altri percorsi minori, che nel tempo si affiancarono
alle grandi strade appena ricordate. Anche perché qui si poteva approfittare della presenza, nella zona, di cisterne, pozzi, pozzelle, “laghi” (sistema di polle d’acqua in contesti ipogei), al punto da ospitare nel territorio di Caprarica (ma siamo già nel XIV sec.) pozzi d’acqua sorgiva, alcuni dei quali riservati agli abitanti di Sternatia e di Martignano che per questo pagavano apposite gabelle alla Regia Corte di Napoli .
Che il sito della Masseria Stali e, più in generale, la stessa Caprarica fossero luoghi in qualche modo strategici e nevralgici rispetto alla costa otrantina lo si era capito già da tempo. Almeno dal 1480 quando i Turchi, per prendere Otranto, avevano deciso di stabilire la loro testa di ponte sulla cittadina di Roca vecchia, mettendola a ferro e a fuoco e costringendo alla fuga tutti i suoi abitanti. Molti di loro, oltrepassata la zona paludosa, si erano spinti sino a Calimera e a Caprarica che in quell’occasione moltiplicò i suoi abitanti. I nuovi arrivati trovarono ospitalità nelle masserie e, fra queste, sicuramente anche nella Masseria Stali, già allora presente e fiorente, come attesta il catasto onciario, tanto da poter offrire ospitalità ad un gruppo di profughi.
Gli archeologi cercano ancora le steli miliari della Via Traiana Calabra (che avevano sezione circolare di circa 40 cm, come risulta da quelle sin qui rintracciate). E comunque dalle fonti d’archivio e dai primi dati provenienti dall’indagine sul campo è stato possibile disegnare l’antico percorso e non si esclude che il sito della Masseria possa essere stato una grande stazione di posta, collocata là dove sorgeva la mutatio ad
duodecim, non ancora repertata dall’indagine archeologica, ma sicuramente disposta a ridosso della serra di Galugnano e a metà strada fra Hydruntum (Otranto) e Lupiae (Lecce), in un area compresa fra gli attuali insediamenti di Castrì, Caprarica e Martignano, e comunque adiacente o corrispondente a quella oggi occupata dalla Masseria Stali.
E comunque, che si tratti della mutatio ad duodecim della via Traiana o di altra stazione di sosta lungo la strada proveniente da Roca, o di una intersezione con assi viari secondari, è davvero probabile che in quel sito vi fosse, sin dal tardo medioevo una residenza destinata al cambio dei cavalli, e all’accoglienza e al ristoro dei viaggiatori.
E così fu, sebbene in altra forma, intorno al 1500, subito dopo la stagione della presa di Otranto da parte dei Turchi, quando insieme ai viaggiatori, fu necessario accogliere i profughi.
E così mostra di voler essere ancora oggi, in mutate condizioni e in diversa configurazione logistica e con diverso stile, ma sempre in termini di struttura ben integrata nel contesto ambientale ed aperta ai bisogni del corpo e dello spirito.
Nicola Paparella